LA GRANDE GUIDA – L’AMATA GUIDA – LA GIOVIN GUIDA KIM IL-SUNG KIM JONG-.IL KIM JONG-UN
Qui di seguito un interessantissimo articolo pubblicato dallo studioso e scrittore della nostra casa editrice N.I., A. Ciappa, alla luce dell'escalation di minacce tra USA e Corea del Nord.
Buona lettura a tutti e non esitate a condividere!
"Appare ormai chiaro come la crescente escalation della minaccia portata dalla Corea del Nord agli Stati Uniti e ai loro alleati regionali, Corea de Sud e Giappone, sia strettamente legata al disegno strategico cinese. Le due principale ex-potenze comuniste sono presenti in zona e dalla fine della 2^ Guerra Mondiale hanno influenzato i fatti della Penisola Coreana. Nella zona sono presenti due dei principali partners politici, economici e militari degli Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud. Fra l’altro due nazioni al top dello sviluppo tecnologico e industriale, tigri possenti dell’economia che possono sfidare il gigante Cinese senza problemi.
Buona lettura a tutti e non esitate a condividere!
"Appare ormai chiaro come la crescente escalation della minaccia portata dalla Corea del Nord agli Stati Uniti e ai loro alleati regionali, Corea de Sud e Giappone, sia strettamente legata al disegno strategico cinese. Le due principale ex-potenze comuniste sono presenti in zona e dalla fine della 2^ Guerra Mondiale hanno influenzato i fatti della Penisola Coreana. Nella zona sono presenti due dei principali partners politici, economici e militari degli Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud. Fra l’altro due nazioni al top dello sviluppo tecnologico e industriale, tigri possenti dell’economia che possono sfidare il gigante Cinese senza problemi.
Il problema è sempre lo stesso. Cina e Russia usano la Corea del Nord per creare scompiglio politico in zona. Quasi sempre cogliendo gli Stati Uniti (che sono l’ombrello nucleare e militare delle due Nazioni) di sorpresa. Del resto è un must della gestione politica Statunitense non capire a fondo la mentalità asiatica in loco, specialmente quella di origine cinese, nonostante la grande presenza di etnìe asiatiche in America (Americani di origine Cinesi, Coreani, Vietnamiti e Giapponesi rappresentano il 5% della popolazione americana). Quando poi aggiungiamo il dover comprendere la mentalità asiatica sposata all’ideologia comunista o post comunista possiamo scorgere il giudizio USA andare in tilt.
Con la guerra del Vietnam quella di Corea ne è stato l’esempio storico più lampante. MacArthur fece arrivare le proprie avanzate allo Yalu, fiume di confine con la Cina di Mao mentre l’aviazione ne bombardava la riva cinese. Intervenire fu ovvio per la Cina che è sempre intervenuta militarmente per difendere i suoi confini, e sorprese gli Americani che furono ignominiosamente ricacciati indietro, una ritirata che i Marines trasformarono in epopea e che chiamarono “avanzata verso le nostre retrovie”. Verità i Cinesi li presero a calci e ci volle del bello e dl buono per riuscire a stabilire il limite al 38° parallelo e ottenere il licenziamento di Douglas MacArthur che esagerò pretendendo l’uso di testate atomiche sull’avanzata cino-comunista.
Fra le due Coree discese una cortina che dire ferrea è peccare per difetto. Isolata (forse non solo per sua scelta..) dal resto del mondo la Corea del Nord dovette aggrapparsi a Cinesi e Russi per la propria sopravvivenza.
Si sviluppò una Nazione senza contatti con il resto del mondo, chiuso in sé stesso sotto il dominio di una dinastia dittatoriale crudele. Una caserma militare estesa quanto il Paese. E non vorrei entrare nel merito delle azioni perverse dell’attuale dittatore.
Chi scrive ha avuto modo di conoscere un gruppo di fuorusciti nord-coreani che pur di scappare dalla dittatura si fecero il tragitto dal fiume Yalu al Nord estremo della Corea sino al confine fra Birmania e Thailandia. In diciotto mesi riuscirono ad arrivare a piedi, in autobus, a dorso di bufalo al confine di Chiangrai. Lì li aspettavano rappresentanti della Corea del Sud che li fecero internare per farli arrivare a Seoul. Una ventina di uomini e ragazzi e donne e ragazze che avevano usato i risparmi di una vita delle loro famiglie per scappare. Il giorno che entrarono nel primo supermarket occidentale impazzirono per l’abbondanza delle merci. Appena arrivati all’internamento di Bangkok un ragazzo che era scappato con lo zio telefonò a casa della madre che rispose e gli chiese di non chiamare mai più. Il giorno dopo lo zio venne a sapere che la polizia aveva portato via la famiglia del ragazzo. Nonostante la tristezza per i propri cari lasciati, quando aspettavano di imbarcarsi sull’aereo che li avrebbe portati a Seoul dopo un viaggio durato un anno e pass per oltre 20.000 chilometri cantavano e ballavano regalando tanta tanta felicità intorno a sè
Ecco cosa hanno portato ottanta anni di dittature spietata e isolante. Quel Paese è interamente militarizzato. Non è attaccabile. L’escalation militare missilistica e nucleare del regime Coreano sono andate oltre ogni possibilità di fermarle ed hanno esteso a tutto il territorio nord del 38° parallelo la scarsa possibilità di inficiarne le capacità. Basti guardare una cartina delle installazioni Nucleari, Chimiche e Batteriologiche in Corea del Nord.
Una qualsiasi offensiva mirata a eliminarne la minaccia dovrebbe essere portata da un numero impressionante di attacchi dal cielo e dal mare. cioè decine di missili lanciati da sommergibili nucleari (in quantità da far sembrare risibile quella usata contro Saddam Husseini, ammesso che negli arsenali USA ci siano), e attacchi portati da Bombardieri Stealth B-2, Bombardieri B-1 e aerei imbarcati. Contemporaneamente attacchi di artiglierie, di aerei, di missili ed elicotteri d’assalto dovrebbe distruggere o le postazioni di artiglieria poste al confine con il Sud o nelle sue vicinanze e le linee di rifornimenti.
Non si tratterebbe di inviare una squadriglia di bombardieri a colpire un obiettivo. Si tratterebbe di un’azione coordinata preparata in pieno accordo militare e politico, con il trasferimento in zona di non meno di due task forces di Portaerei di 4 sommergibili Lanciamissili a propulsione Nucleare classe Ohio modificata, uomini e mezzi terrestri in gran numero.
Sono centinaia di bersagli e fallirne un dieci per cento (cosa altamente possibile) significherebbe una reazione Nord Coreana potente.
Sono centinaia di bersagli e fallirne un dieci per cento (cosa altamente possibile) significherebbe una reazione Nord Coreana potente.
Non è facile dire cose precise su quello che potrebbe succedere, anche perché sarebbe la prima volta che tre Paesi (Sud Corea Giappone e USA) ne attaccherebbero militarmente un altro con l’obiettivo di distruggere il suo arsenale nucleare, chimico batteriologico e convenzionale.
Alcuni giornalisti USA basandosi su opinioni di esperti e su diversi studi, tra cui uno del Nautilus Institute, un think tank americano specializzato sulle relazioni tra Stati Uniti e Cina e sulle politiche americane nella penisola di Corea hanno analizzato il problema.
Una delle stime dice che se la Corea del Nord attaccasse di sorpresa la Corea del Sud con l’artiglieria al confine, per rispondere o anticipare un eventuale attacco o invasione americana, potrebbero essere uccise decine di migliaia di persone: se l’attacco fosse diretto verso obiettivi militari attorno a Seul, i morti potrebbero essere 60mila in un giorno, la maggior parte dei quali nelle prime tre ore; se invece fosse diretto verso i civili, i morti salirebbero fino a 300mila nel giro di pochi giorni. Come ha spiegato Robert Kelly, docente di scienze politiche all’Università sudcoreana Pusan National, il problema è che le strutture del governo, le principali aziende e la maggior parte della popolazione della Corea del Sud si trovano in una zona che va dai 50 ai 110 chilometri di distanza dal confine con la Corea del Nord: una zona quindi raggiungibile anche con i colpi di artiglieria. «In termini di sicurezza nazionale, è una cosa da pazzi», ha detto Kelly.
I colpi partirebbero da almeno tre sistemi d’arma di cui può disporre la Corea del Nord: il nord di Seul potrebbe essere colpito dai Koksan, cannoni semoventi da 170 millimetri, e dai sistemi di artiglieria lanciarazzi multipli da 240 millimetri, mentre i sistemi di artiglieria lanciarazzi multipli da 300 millimetri potrebbero essere usati per colpire oltre la capitale sudcoreana. Al confine della zona demilitarizzata che divide le due Coree ci sono tutti e tre questi sistemi, molti dei quali nascosti nei tunnel, nei bunker e nelle grotte. Il danno inflitto dalla Corea del Nord dipenderebbe da quanti colpi verrebbero sparati nelle prime ore e da quanti ordigni esploderebbero effettivamente, una cosa non scontata.
Stati Uniti e Corea del Sud risponderebbero immediatamente, anche se le soluzioni contro i colpi di artiglieria non sarebbero troppo efficaci. Il governo sudcoreano potrebbe intercettare alcuni razzi usando dei sistemi anti-missile, tra cui il THAAD di cui si era parlato molto qualche settimana fa, ma non dispone di niente di simile all’Iron Dome, il sistema anti-missile super-sofisticato di Israele. Americani e sudcoreani potrebbero anche usare altre tecniche per individuare le postazioni da cui partono i colpi, ma i danni inflitti nelle prime ore sarebbero comunque molto alti. C’è anche un altro problema. Il governo metropolitano di Seul dice che nell’area della capitale sudcoreana ci sono circa 3.300 rifugi anti-bomba, che potrebbero accogliere 10 milioni di persone. Diversi critici sostengono però che le esercitazioni compiute finora per simulare un attacco nordcoreano sono state non più di 5 in un anno, insufficienti per gestire il caos che si creerebbe nelle prime ore di bombardamenti. «Molti residenti non hanno idea di dove sia il rifugio anti-bomba più vicino a loro».
Una delle stime dice che se la Corea del Nord attaccasse di sorpresa la Corea del Sud con l’artiglieria al confine, per rispondere o anticipare un eventuale attacco o invasione americana, potrebbero essere uccise decine di migliaia di persone: se l’attacco fosse diretto verso obiettivi militari attorno a Seul, i morti potrebbero essere 60mila in un giorno, la maggior parte dei quali nelle prime tre ore; se invece fosse diretto verso i civili, i morti salirebbero fino a 300mila nel giro di pochi giorni. Come ha spiegato Robert Kelly, docente di scienze politiche all’Università sudcoreana Pusan National, il problema è che le strutture del governo, le principali aziende e la maggior parte della popolazione della Corea del Sud si trovano in una zona che va dai 50 ai 110 chilometri di distanza dal confine con la Corea del Nord: una zona quindi raggiungibile anche con i colpi di artiglieria. «In termini di sicurezza nazionale, è una cosa da pazzi», ha detto Kelly.
I colpi partirebbero da almeno tre sistemi d’arma di cui può disporre la Corea del Nord: il nord di Seul potrebbe essere colpito dai Koksan, cannoni semoventi da 170 millimetri, e dai sistemi di artiglieria lanciarazzi multipli da 240 millimetri, mentre i sistemi di artiglieria lanciarazzi multipli da 300 millimetri potrebbero essere usati per colpire oltre la capitale sudcoreana. Al confine della zona demilitarizzata che divide le due Coree ci sono tutti e tre questi sistemi, molti dei quali nascosti nei tunnel, nei bunker e nelle grotte. Il danno inflitto dalla Corea del Nord dipenderebbe da quanti colpi verrebbero sparati nelle prime ore e da quanti ordigni esploderebbero effettivamente, una cosa non scontata.
Stati Uniti e Corea del Sud risponderebbero immediatamente, anche se le soluzioni contro i colpi di artiglieria non sarebbero troppo efficaci. Il governo sudcoreano potrebbe intercettare alcuni razzi usando dei sistemi anti-missile, tra cui il THAAD di cui si era parlato molto qualche settimana fa, ma non dispone di niente di simile all’Iron Dome, il sistema anti-missile super-sofisticato di Israele. Americani e sudcoreani potrebbero anche usare altre tecniche per individuare le postazioni da cui partono i colpi, ma i danni inflitti nelle prime ore sarebbero comunque molto alti. C’è anche un altro problema. Il governo metropolitano di Seul dice che nell’area della capitale sudcoreana ci sono circa 3.300 rifugi anti-bomba, che potrebbero accogliere 10 milioni di persone. Diversi critici sostengono però che le esercitazioni compiute finora per simulare un attacco nordcoreano sono state non più di 5 in un anno, insufficienti per gestire il caos che si creerebbe nelle prime ore di bombardamenti. «Molti residenti non hanno idea di dove sia il rifugio anti-bomba più vicino a loro».
Ecco il motivo per cui Trump che era partito con la fanfara contro la Corea del Nord ha dovuto modificare la propria politica Tra le soluzioni proposte per fermare Kim c’è l’opzione militare, che però finora è sempre stata accantonata per qualcos’altro di meno rischioso: l’amministrazione di Bill Clinton, per esempio, aprì una serie di negoziati che si conclusero con qualche risultato positivo, mentre Barack Obama preferì adottare la cosiddetta “strategia della pazienza”, basata sull’idea che prima o poi il regime nordcoreano sarebbe imploso da solo (cosa che però non è successa).
Le sanzioni possono e non possono servire, se si è arrivati fin qui vuol dire che hanno potuto poco. Un’azione diplomatica mirata ad isolare il Nord Corea pure. Bisognerebbe costringere la Cina a rinunciare all’appoggio alla Corea del Nord. Come? La soluzione forse è a Sud, Taiwan, ma darle vinte alla Cina ricorderebbe tanto Monaco, l’Anschluss eccetera.
Bisogna aspettare e vedere se il Dittatore Nord Coreano non esageri nelle sue manifestazioni di sfida e irriti i suoi protettori, ipotesi tutt’altro che peregrina. Ma Trump ce l’avrà questa pazienza?"
ALDO CIAPPA
Fonti: Articoli ed editoriali degli ultimi dieci giorni da: Il Post – Il Mattino – RID – il Tempo – Wired – Il Sole 24 Ore – Corriere della Sera – TPI News – Huffington Post
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