Che resta, oggi, della dichiarazione d'indipendenza del Kosovo?
Quasi 10 anni dopo la dichiarazione d'indipendenza del Kosovo, in che stato si trouva oggi questo Paese sul piano internazionale?
Più della metà degli Stati membri dell'ONU lo hanno riconosciuto, il che, secondo una buona parte della dottrina, dimostrerebbe che l'indipendenza è una realtà irreversibile.
Il diritto internazionale, che in principio vieta le modifiche territoriali dei territori statali, finirebbe quindi solo a prendere atto della nuova situazione venutasi a creare dopo una dichiarazione d'indipendenza.
Ma è realmente così?
Riveniamo sui fatti per capire meglio.
Il 17 febbraio 2008, il Primo Ministro Hashim Thaçi, davanti ai deputati del Parlamento kosovaro riuniti in sessione straordinaria, proclamava l'indipendenza del Kosovo e invitava tutti gli Stati aderenti all'ONU a riconoscere questa nuova entità statale. Qualche ora dopo, il Kosovo è riconosciuto da USA, Francia, Regno Unito, Turchia, Albania, Afghanistan e Costa Rica. Circa una settimana dopo, il Belgio decide di riconoscere l'indipendenza del Kosovo, così come parecchi altri Stati dell'UE.
La dichiarazione unilaterale d'indipendenza del Kosovo dalla Serbia nel 2008 non sembrerebbe tuttavia aver violato il diritto internazionale, secondo quanto affermato dalla Corte internazionale di giustizia dell'Aja, in un suo parere di luglio 2010.
La Serbia affermava che la secessione della sua provincia di lingua albanese violava la sua integrità territoriale. Così, l'8 ottobre 2008 aveva ottenuto dall'Assemblea delle Nazioni Unite la possibilità di richiedere un parere alla Corte sulla legalità di una tale proclamazione d'indipendenza.
La Corte ne aveva pertanto concluso che "la dichiarazione d'indipendenza del 17 febbraio 2008 non ha violato il diritto internazionale generale. Decisione presa da 10 giudici contro 4.
Tuttavia, i giudici non hanno, in questa circostanza, risposto alle domande sollevate da Belgrado durante i dibattiti orali e non hanno mai realmente usato il termine secessione in tutto il parere, pubblicato qualche tempo dopo. Si sono invece solo attenuti ali stretti limiti imposti dalla domanda formulata dall'Assemblea e cioè se la dichiarazione era illegale. In questo modo hanno evitato di esprimere la loro posizione sulla secessione e sul Kosovo. Può essere considerato come uno Stato legittimo, nato da una secessione? Il suo riconoscimento da parte di 69 Stati ad oggi è legale e sufficiente per potergli confederare tutti gli attributi di uno Stato? I giudici non si sono neanche pronunciati sulle conseguenza di questa dichiarazione d'indipendenza.
C'è da dire che la Corte internazionale dell'Aja si è sempre fatta riconoscere per la sua grande prudenza nel prendere posizioni troppo esplicite ogni qualvolta il diritto sia lacunario o obsoleto o eventualmente silenzioso. Tuttavia, stavolta, questo silenzio sembra essere poco consono ad un parere che altro non è che un consulto. Inoltre, la posizione del diritto internazionale in materia è già piuttosto chiara. Difficile quindi comprendere ad oggi una tale posizione.
Secondo quanto affermato dalla Corte, Pristina quindi non avrebbe violato il diritto internazionale.
Secondo i giudici, la dichiarazione adottata dal Parlamento di Pristina, non ha "violato il dito internazionale generale (...) né la Risoluzione 1244" adottata dal Consiglio di sicurezza il 10 giugno 1999, in seguito ai combattimenti tra le forze serbe ed i secessionisti albanesi del Kosovo e che si sarebbero interrotti solo grazie all'intervento della NATO. Questa risoluzione organizzava un'amministrazione provvisoria del Kosovo, provincia autonoma della Serbia, "al fine di rispondere alla crisi umanitaria". Una tale organizzazione, sotto l'egida delle Nazioni Unite (Minuk) si era sostituita all'ordine giuridico serbo e doveva stabilizzare la provincia temporaneamente. Si prevedevano anche negoziazioni politiche sul futuro statuto del Kosovo.
Ora, secondo i giudici internazionali, gli autori della dichiarazione d'indipendenza altro non avevano fatto che prendere atto del fallimento di tali negoziazioni.
Il conflitto tra Pristina e Belgrado persiste.
Se i due Stati dicono esser disposti al dialogo, la Serbia vorrebbe tornare alla situazione precedente alla dichiarazione d'indipendenza e difende le disposizioni della Risoluzione 1244, la quale prevedeva una soluzione negoziata e accettata da entrambe le parti.
Da part sua, Pristina accetta di poter discutere questi "aspetti pratici", "da Stato a Stato".
Ma veniamo ora alle reazioni.
Quest'ultime hanno lasciato apparire innumerevoli approcci litigiosi sulla questione kosovara.
Mosca, alleata tradizionale della Serbia, aveva affermato che non avrebbe riconosciuto la dichiarazione d'indipendenza et richiesto una negoziazione sullo statuto del Kosovo.
Il Ministro degli Esteri francese dell'epoca, Bernard Kouchner, che aveva amministrato il Kosovo durante l'applicazione della Minuk, aveva affermato che l'indipendenza è "irreversibile".
Gli Stati Uniti, che avevano sostenuto gli indipendentisti dall'inizio della guerra, avevano invitato l'Europa a schierarsi in favore della decisione.
L'allora Segretario generale aveva trasmesso il parere della Corte all'Assemblea, al fine di determinare come procedere con una tale situazione, incoraggiando "le parti a evitare ogni misura che potrebbe essere considerata come provocatoria e far così deragliare il dialogo".
Ma qual è il bilancio di questo riconoscimento, quasi 10 anni dopo la dichiarazione d'indipendenza?
Riconoscimento legale o di fatto?
Ad oggi, 106 Stati dell'ONU su 193 hanno riconosciuto l'indipendenza del Kosovo.
Gli Stati limitrofi quali l'Albania, la Macedonia, il Montenegro, tranne naturalmente la Serbia, hanno tutti riconosciuto ufficialmente lo Stato nuovamente create ed hanno relazioni diplomatiche con quest'ultimo.
L'indipendenza è stata riconosciuta anche da circa 23 Stati dell'UE.
Inoltre, il numero di Stati nel mondo che considera il Kosovo realmente come uno Stato indipendente è più grande delle mere cifre.
Per esempio, Stati come il Vietnam o l'Irak, che non hanno ancora riconosciuto ufficialmente l'indipendenza, riconoscono tuttavia in maniera più o meno formale i passaporti in provenienza da questo Stato.
Questa constatazione è stata sollevata durante l'adesione del Kosovo al FOndo Monetario internazionale e alla Banca mondiale. Inoltre, in seguito al parere della Corte del 2010, il Kosovo ha rafforzato la sua posizione sulla scena internazionale.
Tuttavia, la sovranità del Kosovo resta limitata, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con l'esterno.
Malgrado il fatto che il nuovo Stato abbia accumulato un importante numero di riconoscimenti internazionali, la sua adesione all'ONU è ancora piena di ostacoli e dipenderà soprattutto dal volere di Cina e Russia, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. Queste due grandi potenze dispongono infatti del diritto di veto che possono opporre all'adesione. Inoltre, cinque Stati dell'UE, quali Cipro, Grecia, Spagna, Romania e Slovacchia non hanno ancora effettuato un riconoscimento ufficiale.
Ed è difficile ad oggi pensare che uno Stato come la Spagna, nell'attuale situazione politica, con un rischio reale di secessione interna, possa dare il suo consenso creando così un precedente che potrebbe esserle nefasto.
Tuttavia, un accordo storico è stato firmato il 19 aprile 2013 tra il Kosovo e la Serbia, sotto gli auspici dell'UE, per garantire un miglioramento dei rapporti tra i due Stati. Attraverso questo accordo i due Stati si impegnano a non ostacolare il processo di integrazione reciproco all'Unione Europea. Ma soprattutto ha permesso un dialogo tra i due Governi.
La question catalana, con la dichiarazione di ieri del presidente catalano in favore dell'avviamento del processo d'indipendenza in seguito al referendum popolare in favore dell'indipendenza, è molto simile a quella kosovara.
Tuttavia, il contesto politico non è lo stesso. E questo renderebbe difficile un paragone esplicito.
Tuttavia la questione rimane: malgrado il divieto formale, il diritto internazionale reagisce realmente all'eventuale indipendenza di uno Stato? O non fa che prenderne atto?
Ad oggi, la situazione in Crimea ed in Kosovo sembrano dire che l'indipendenza è veramente intoccabile quando giustificata dalla volontà popolare e che il solo ostacolo reale è il riconoscimento ufficiale da parte della comunità internazionale, senza il quale sarà difficile per uno Stato vivere realmente al di fuori delle proprie frontiere.
Più della metà degli Stati membri dell'ONU lo hanno riconosciuto, il che, secondo una buona parte della dottrina, dimostrerebbe che l'indipendenza è una realtà irreversibile.
Il diritto internazionale, che in principio vieta le modifiche territoriali dei territori statali, finirebbe quindi solo a prendere atto della nuova situazione venutasi a creare dopo una dichiarazione d'indipendenza.
Ma è realmente così?
Riveniamo sui fatti per capire meglio.
Il 17 febbraio 2008, il Primo Ministro Hashim Thaçi, davanti ai deputati del Parlamento kosovaro riuniti in sessione straordinaria, proclamava l'indipendenza del Kosovo e invitava tutti gli Stati aderenti all'ONU a riconoscere questa nuova entità statale. Qualche ora dopo, il Kosovo è riconosciuto da USA, Francia, Regno Unito, Turchia, Albania, Afghanistan e Costa Rica. Circa una settimana dopo, il Belgio decide di riconoscere l'indipendenza del Kosovo, così come parecchi altri Stati dell'UE.
La dichiarazione unilaterale d'indipendenza del Kosovo dalla Serbia nel 2008 non sembrerebbe tuttavia aver violato il diritto internazionale, secondo quanto affermato dalla Corte internazionale di giustizia dell'Aja, in un suo parere di luglio 2010.
La Serbia affermava che la secessione della sua provincia di lingua albanese violava la sua integrità territoriale. Così, l'8 ottobre 2008 aveva ottenuto dall'Assemblea delle Nazioni Unite la possibilità di richiedere un parere alla Corte sulla legalità di una tale proclamazione d'indipendenza.
La Corte ne aveva pertanto concluso che "la dichiarazione d'indipendenza del 17 febbraio 2008 non ha violato il diritto internazionale generale. Decisione presa da 10 giudici contro 4.
Tuttavia, i giudici non hanno, in questa circostanza, risposto alle domande sollevate da Belgrado durante i dibattiti orali e non hanno mai realmente usato il termine secessione in tutto il parere, pubblicato qualche tempo dopo. Si sono invece solo attenuti ali stretti limiti imposti dalla domanda formulata dall'Assemblea e cioè se la dichiarazione era illegale. In questo modo hanno evitato di esprimere la loro posizione sulla secessione e sul Kosovo. Può essere considerato come uno Stato legittimo, nato da una secessione? Il suo riconoscimento da parte di 69 Stati ad oggi è legale e sufficiente per potergli confederare tutti gli attributi di uno Stato? I giudici non si sono neanche pronunciati sulle conseguenza di questa dichiarazione d'indipendenza.
C'è da dire che la Corte internazionale dell'Aja si è sempre fatta riconoscere per la sua grande prudenza nel prendere posizioni troppo esplicite ogni qualvolta il diritto sia lacunario o obsoleto o eventualmente silenzioso. Tuttavia, stavolta, questo silenzio sembra essere poco consono ad un parere che altro non è che un consulto. Inoltre, la posizione del diritto internazionale in materia è già piuttosto chiara. Difficile quindi comprendere ad oggi una tale posizione.
Secondo quanto affermato dalla Corte, Pristina quindi non avrebbe violato il diritto internazionale.
Secondo i giudici, la dichiarazione adottata dal Parlamento di Pristina, non ha "violato il dito internazionale generale (...) né la Risoluzione 1244" adottata dal Consiglio di sicurezza il 10 giugno 1999, in seguito ai combattimenti tra le forze serbe ed i secessionisti albanesi del Kosovo e che si sarebbero interrotti solo grazie all'intervento della NATO. Questa risoluzione organizzava un'amministrazione provvisoria del Kosovo, provincia autonoma della Serbia, "al fine di rispondere alla crisi umanitaria". Una tale organizzazione, sotto l'egida delle Nazioni Unite (Minuk) si era sostituita all'ordine giuridico serbo e doveva stabilizzare la provincia temporaneamente. Si prevedevano anche negoziazioni politiche sul futuro statuto del Kosovo.
Ora, secondo i giudici internazionali, gli autori della dichiarazione d'indipendenza altro non avevano fatto che prendere atto del fallimento di tali negoziazioni.
Il conflitto tra Pristina e Belgrado persiste.
Se i due Stati dicono esser disposti al dialogo, la Serbia vorrebbe tornare alla situazione precedente alla dichiarazione d'indipendenza e difende le disposizioni della Risoluzione 1244, la quale prevedeva una soluzione negoziata e accettata da entrambe le parti.
Da part sua, Pristina accetta di poter discutere questi "aspetti pratici", "da Stato a Stato".
Ma veniamo ora alle reazioni.
Quest'ultime hanno lasciato apparire innumerevoli approcci litigiosi sulla questione kosovara.
Mosca, alleata tradizionale della Serbia, aveva affermato che non avrebbe riconosciuto la dichiarazione d'indipendenza et richiesto una negoziazione sullo statuto del Kosovo.
Il Ministro degli Esteri francese dell'epoca, Bernard Kouchner, che aveva amministrato il Kosovo durante l'applicazione della Minuk, aveva affermato che l'indipendenza è "irreversibile".
Gli Stati Uniti, che avevano sostenuto gli indipendentisti dall'inizio della guerra, avevano invitato l'Europa a schierarsi in favore della decisione.
L'allora Segretario generale aveva trasmesso il parere della Corte all'Assemblea, al fine di determinare come procedere con una tale situazione, incoraggiando "le parti a evitare ogni misura che potrebbe essere considerata come provocatoria e far così deragliare il dialogo".
Ma qual è il bilancio di questo riconoscimento, quasi 10 anni dopo la dichiarazione d'indipendenza?
Riconoscimento legale o di fatto?
Ad oggi, 106 Stati dell'ONU su 193 hanno riconosciuto l'indipendenza del Kosovo.
Gli Stati limitrofi quali l'Albania, la Macedonia, il Montenegro, tranne naturalmente la Serbia, hanno tutti riconosciuto ufficialmente lo Stato nuovamente create ed hanno relazioni diplomatiche con quest'ultimo.
L'indipendenza è stata riconosciuta anche da circa 23 Stati dell'UE.
Inoltre, il numero di Stati nel mondo che considera il Kosovo realmente come uno Stato indipendente è più grande delle mere cifre.
Per esempio, Stati come il Vietnam o l'Irak, che non hanno ancora riconosciuto ufficialmente l'indipendenza, riconoscono tuttavia in maniera più o meno formale i passaporti in provenienza da questo Stato.
Questa constatazione è stata sollevata durante l'adesione del Kosovo al FOndo Monetario internazionale e alla Banca mondiale. Inoltre, in seguito al parere della Corte del 2010, il Kosovo ha rafforzato la sua posizione sulla scena internazionale.
Tuttavia, la sovranità del Kosovo resta limitata, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con l'esterno.
Malgrado il fatto che il nuovo Stato abbia accumulato un importante numero di riconoscimenti internazionali, la sua adesione all'ONU è ancora piena di ostacoli e dipenderà soprattutto dal volere di Cina e Russia, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. Queste due grandi potenze dispongono infatti del diritto di veto che possono opporre all'adesione. Inoltre, cinque Stati dell'UE, quali Cipro, Grecia, Spagna, Romania e Slovacchia non hanno ancora effettuato un riconoscimento ufficiale.
Ed è difficile ad oggi pensare che uno Stato come la Spagna, nell'attuale situazione politica, con un rischio reale di secessione interna, possa dare il suo consenso creando così un precedente che potrebbe esserle nefasto.
Tuttavia, un accordo storico è stato firmato il 19 aprile 2013 tra il Kosovo e la Serbia, sotto gli auspici dell'UE, per garantire un miglioramento dei rapporti tra i due Stati. Attraverso questo accordo i due Stati si impegnano a non ostacolare il processo di integrazione reciproco all'Unione Europea. Ma soprattutto ha permesso un dialogo tra i due Governi.
La question catalana, con la dichiarazione di ieri del presidente catalano in favore dell'avviamento del processo d'indipendenza in seguito al referendum popolare in favore dell'indipendenza, è molto simile a quella kosovara.
Tuttavia, il contesto politico non è lo stesso. E questo renderebbe difficile un paragone esplicito.
Tuttavia la questione rimane: malgrado il divieto formale, il diritto internazionale reagisce realmente all'eventuale indipendenza di uno Stato? O non fa che prenderne atto?
Ad oggi, la situazione in Crimea ed in Kosovo sembrano dire che l'indipendenza è veramente intoccabile quando giustificata dalla volontà popolare e che il solo ostacolo reale è il riconoscimento ufficiale da parte della comunità internazionale, senza il quale sarà difficile per uno Stato vivere realmente al di fuori delle proprie frontiere.
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